Psicoterapia Infanzia Sintomi del Bambino
I sintomi veicolano un messaggio, un tentativo di dire un’angoscia o dei cambiamenti avvertiti come traumatismi che in alcun altro modo potrebbero trovare espressione.
I sintomi veicolano un messaggio, un tentativo di dire un’angoscia o dei cambiamenti avvertiti come traumatismi che in alcun altro modo potrebbero trovare espressione.
Provare a esporsi davanti agli altri, con la propria presenza corporea e il suono della propria voce, per molti bambini e ragazzi risulta un atto di coraggio. In vista dell’esposizione, il corpo si carica di una tensione ansiosa che si manifesta anticipatamente sotto forma di diverse forme d’ansia.
Il problema di ogni adolescente, il problema di Alice, concerne porsi domande incessanti sul proprio essere: “Chi sono io?” “Qual è la strada per me?”. Crisi identitaria significa che l’uguaglianza di una cosa con se stessa (A=A) fa attrito, entra in frizione.
La noia fa capolino nei momenti di pausa del tempo, è “il modo che ha il riposo di essere inquieto”. Stato informe, la noia non guarda l’età, bambini e ragazzi ne sono prede tanto quanto gli adulti, avvolgendo nella nebbia informe dell’indifferenza tutte le cose, anche quelle gradite. Si ha ancora il coraggio di tollerarla?
Il gioco è espressione di quella particolare zona intermedia di esperienza, in cui il bambino imita e simbolizza il reale. Nel gioco trovano forma le pratiche sociali che la mente infantile assorbe e, attraverso la potenza del suo immaginario, le ricrea, soggettivandole.
“Il bambino di porcellana”, fiaba particolare risalta due forme di solitudine per un certo verso estreme e profonde, quelle che avvolgono in fasce tutto l’essere, isolandolo. Il mondo di un essere diventa una vera e propria isola, apparentemente irraggiungibile, nessun lembo la congiunge ad altre terre.
Il racconto semi-autobiografico “La tomba delle lucciole” ci fa calare, spettatori ammutoliti, nel tentativo di sopravvivenza di due fratelli orfani durante l’assedio dei bombardamenti sui paesi del Giappone, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il piccolo Hans non riesce a uscire in strada e da casa, per lungo tempo. Certi oggetti e certe azioni assumono un volto singolare ai suoi occhi, fantasmi che invadono i giorni e le notti.
Che siano ali meccanizzate o di cera, poco importa, l’anelito al librarsi in volo rimane potente. Il gabbiano Jonathan sa già volare a bassa quota per procurarsi il cibo, eppure il suo desiderio scavalca la sopravvivenza: egli desidera imparare le tecniche di volo.
Il rifiuto di andare a scuola può presentarsi in maniera categorica. Non si marina la scuola girovagando per la città. La paura insorge e blocca il ragazzo in casa o a letto, inchiodandolo in una crisi acuta mista di terrore e panico.
La rotta si è invertita: dall’essere i materiali didattici o i percorsi di apprendimenti facilitati, ai soggetti facilitati. L’aggettivo ricade a qualificare i bambini e i ragazzi stessi. Era abbastanza prevedibile.
Al lettore adulto. Dite: è faticoso frequentare i bambini. Avete ragione. Poi aggiungete: perché bisogna mettersi al loro livello, farsi piccoli. Ora avete torto. Non è questo che più stanca. Bisogna innalzarsi fino all’altezza dei loro sentimenti. Per non ferirli.
Una storia di attesa e delicatezza, come le pennellate di acquarello che accompagnano le pagine di questo libro.
L’iperattività è l’espressione di un disagio che si annuncia già nella società. I bambini respirano velocità, affanno, iperstimolazione visiva, produzione e consumo incessanti.
Ogni forma di disagio e di sofferenza psichica trova anche espressione e fertilità nelle forme di malessere a partire dal mondo stesso.