L’esposizione a scuola è qualcosa che viene richiesta e valutata. Inizialmente si esplicita in modo libero, al di là del giudizio e della valutazione. L’insegnante cerca di porre ogni bambino nella condizione di presentarsi ai compagni, interagire e partecipare in classe. Via via che il grado cresce, l’esposizione diventa più strutturata e si richiede di imparare a memoria o riportare a voce un dato argomento durante un’interrogazione. Con l’accesso alla secondaria le interrogazioni orali diventano più importanti e onerose, vere e proprie prove di valutazione.

Non tutti i soggetti vivono l’esposizione a scuola allo stesso modo. Le interrogazioni sono difficili per tutti, richiedono tempo e impegno, soprattutto se gli argomenti richiesti sono molteplici e complessi. Per alcuni bambini e ragazzi più timidi e introversi, l’esposizione risulta un ostacolo doppiamente arduo. Esporsi davanti agli altri, con la propria presenza corporea e il suono della propria voce, per loro diventa un vero e proprio atto di coraggio.

Sentire la propria voce sotto gli occhi degli altri

Esporre un argomento per le verifiche orali significa innanzitutto esporsi davanti a tutta la classe, prendere la parola e riuscire ad articolare un discorso. Diversi sono i sintomi che rendono difficoltosa la presa di parola, particolarmente per quei bambini che manifestano estrema insicurezza e timidezza. Il cuore inizia a battere, la volontà del rifiuto inonda tutta la testa. C’è chi presenta forme di balbettio, chi di rossore e vergogna intensi. Chi sente un’inflessione radicale del proprio tono di voce che si fa strisciante e timidamente sussurrante.

In questi casi spesso l’ansia di esposizione a scuola si presenta anche i pomeriggi precedenti, a casa. In vista dell’esposizione il corpo si carica di una tensione ansiosa che si manifesta anticipatamente sotto forma di diverse forme d’ansia. Pizzicamento di parti del corpo, pelle, capelli, ciglia peli. Piccole manie e atti ossessivi. Enuresi notturna. Attacchi di panico.

I sintomi anticipano l’esposizione in sé, come per scongiurare l’ansia connessa. Ma di fatto finiscono per rafforzarne il carico emotivo e l’evento espositivo sarà vissuto e associato a sensazioni estremamente penose. Accompagnare il bambino a diminuire la portata d’ansia connessa all’esposizione a scuola significa partire assumendo la propria forma di fragilità. Essere timidi non è una colpa. Ciò che si può fare è anticipare l’esposizione a scuola con altre forme preparatorie, per indebolire gli atti sopradescritti frutto dell’ansia stessa. Forzarsi di leggere ad alta voce, provando tra le mura più familiari e tranquille di casa. Immaginare la scena di esposizione, provare e riprovare a dare voce agli argomenti da studiare, spiegandoli a se stessi. Imparare le prime battute, quelle durante le quali l’agitazione sarà maggiore. Ripetersi più volte un discorso. Registrarsi e riascoltarsi, anche se si viene inorriditi dalla propria inflessione vocale, dai balbettii o dalle infinite pause di riassestamento.

Prendere la parola al di là del contenuto

Riconoscere, nonostante gli sbagli o il non riuscire alla perfezione in performance, il coraggio di aver preso la parola, di essersi esposti. Ciò, pian piano, aiuterà a sentire la forza e la sicurezza del proprio tono di voce.

Il filosofo Jean-Luc Nancy esplora l’atto di prendere la parola, d’iniziare a parlare. Egli pone in evidenza il fatto che “prima di impegnarsi in un discorso, si tratta di prendere una parola che fluttua nell’aria, offerta a tutti” (p. 9). Per questo motivo suscettibile di essere “ripresa dagli altri”: accolta, schernita, corretta, osteggiata o rilanciata. Ciò che importa è la forza di prendere la parola, al di là del contenuto e di ciò di cui si parla.

“Imparare a prendere la parola è prendere ciò che ci ha già preso, in noi e attraverso noi, il desiderio di prenderla o l’attitudine a farlo” (p. 12).

Jean-Luc Nancy, Prendere la parola, Moretti & Vitali editori, Bergamo 2013.

(Immagine in evidenza: foto di Elīna Arāja da Pexels)