DSA: Disturbo o Caratteristica di Apprendimento? Il nome clinico e la sua sigla (DSA) indicano chiaramente un disturbo, ma non sarebbe più opportuno iniziare a modificare il nostro linguaggio a seconda del contesto? Sappiamo che il modo di parlare ricalca i nostri modi di pensare e ragionare. Il linguaggio non è neutro, significa, categorizza e stigmatizza per definizione. Le stesse Raccomandazioni Cliniche sui DSA, infatti, esprimono e mettono a fuoco questa tanto problematica quanto delicata questione.

Sentiamo troppo parlare di Disturbi di Apprendimento e troppo poco di Caratteristiche di Apprendimento.

Apprendiamo in modi differenti, seguendo tempi e modalità specifiche, in interazione con i nostri desideri e con l’ambiente socio-familiare di riferimento. Le modalità di apprendimento delle abilità fondamentali (lettura, scrittura, calcolo) mettono in luce, di fatto, la caratteristica specifica di un bambino, di una bambina. Queste caratteristiche possono essere nella norma, sopra la media, nettamente o lievemente inferiori a quella soglia fissata da specifici criteri operativi. Utilizziamo diversi termini per descrivere tali discrepanze (Disturbo Disabilità, Differenza). Ogni termine “corrisponde a una concettualizzazione della discrepanza cioè a una interpretazione della sua natura”.

Il termine disturbo è tecnico e specialistico serve per la comprensione a livello scientifico e per l’attivazione di aiuti sociali. Ma non andrebbe usato e abusato fuori dal contesto tecnico-scientifico, soprattutto parlando con i bambini, la loro famiglia e la scuola stessa.

Favorire una rappresentazione non stigmatizzante:

Dislessia, Disortografia e Discalculia possono essere definite caratteristiche dell’individuo, fondate su una base neurobiologica. Il termine caratteristica dovrebbe essere utilizzato dal clinico e dall’insegnante in ognuna delle possibili azioni (descrizione del funzionamento nelle diverse aree e organizzazione del piano di Aiuti) per favorire lo sviluppo delle potenzialità individuali e della qualità della Vita.”

L’uso del termine caratteristica può favorire nell’individuo, nella sua famiglia e nella Comunità una rappresentazione non stigmatizzante del funzionamento delle persone con difficoltà di apprendimento; il termine caratteristica indirizza, inoltre, verso un approccio pedagogico che valorizza le differenze individuali.”

“Il termine disabilità riferito alle difficoltà di apprendimento ha uno scopo etico di protezione sociale; è utile quando viene utilizzato per rivendicare un diritto di Pari Opportunità nell’istruzione; quella della disabilità è, infatti, una relazione sociale, non una condizione soggettiva della persona.”

“Il termine disturbo, con riferimento alle difficoltà di apprendimento, compare nei sistemi di classificazione dei Disturbi Mentali DSM e ICD; questi manuali contengono i criteri condivisi dalla comunità scientifica per identificare i Disturbi; lo scopo di questi sistemi di classificazione è, infatti, di facilitare la comunicazione scientifica; permettere studi sulla frequenza dei Disturbi e una organizzazione coerente dei Servizi; rendere i risultati della ricerca confrontabili.”

“Il termine disturbo compare nelle relazioni cliniche con l’obiettivo di facilitare l’attivazione di aiuti adeguati allo sviluppo – es: permettere la applicazione di strumenti didattici compensativi e dispensativi –; nelle stesse relazioni dovrebbe comparire anche il termine caratteristica per favorire nell’individuo, nella sua famiglia e negli insegnanti una rappresentazione non stigmatizzante della difficoltà di apprendimento.”

Citazioni tratte dalle Raccomandazioni cliniche sui DSA: risposte a quesiti 2011 – Documento d’intesa elaborato da parte del PARCC DSA (2011) in risposta a quesiti sui disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento.

(Immagine in evidenza: Foto di David McEachan da Pexels)